Sono le discipline umanistiche, quel ramo del sapere che si occupa degli esseri umani e della loro cultura con metodi analitici e critiche d’inchiesta derivate da un apprezzamento dei valori umani e della capacità unica dello spirito umano di esprimere se stessa. Come gruppo di discipline di istruzione, le scienze umane si distinguono per contenuto e metodo dalle scienze fisiche e biologiche e dalle scienze sociali. Le discipline umanistiche includono lo studio di tutte le lingue e di tutte le letterature, delle arti, della storia e della filosofia.
La concezione moderna delle scienze umane trova le sue origini nel greco classico paideia, un corso di istruzione generale risalente al sofisti della metà del V secolo a.C., che aveva lo scopo di preparre i giovani alla cittadinanza attiva nella polis o città-stato, e nell’ humanitas di Cicerone, (letteralmente, “natura umana”), un programma di formazione per gli oratori, enunciato la prima volta ne De Orator nel 55 a.C. Nel primo Medioevo i Padri della Chiesa, tra cui S. Agostino, che era anche un maestro di retorica, adattarono paideia e humanitas ad un programma di educazione cristiana. In questo programma furono inclusi la matematica, gli studi linguistici e filologici, la storia, la filosofia e le scienze.
La parola humanitas, anche se non ha la sostanza delle discipline che lo compongono, cadde fuori uso nel tardo Medioevo, ma subì una fioritura e una trasformazione nel Rinascimento. Il termine studia humanitatis (Studi dell’umanità) fu utilizzato dagli umanisti italiani nel XV secolo per riferirsi alla secolare attività letteraria e scientifica (grammatica, retorica, poesia, storia, filosofia morale e studi di greco antico e latino), che gli umanisti pensavano essere essenzialmente umani, e gli studi classici (humanae litterae), piuttosto che quelle divini (divinae litterae) che caratterizzarono il periodo precedente, quello medievale. Nel XVIII secolo, Denis Diderot e gli enciclopedisti francesi censurarono gli studia humanitatis perché sostenevano che fossero diventati aridi a cause della loro concentrazione esclusiva su testi latini e greci. Con il XIX ° secolo nell’era del positivismo, quando l’ambito delle scienze umane si espanse, esse cominciarono a riprendere la loro identità non tanto per la loro separazione dalle scienze divine, quanto per la loro differenziazione dalla scienza empirica appena nata che tendeva ad esaminare il mondo e i suoi fenomeni oggettivamente, senza riferimento al significato umano e agli studi umanistici.
Le concezioni contemporanee delle scienze umane somigliano alle concezioni precedenti, nel senso che hanno l’intento di proporre un programma educativo completo basato sulla propagazione di un sistema di auto-sufficiente dei valori umani. Ma differiscono nel senso che ci si propone anche di distinguere le scienze umane dalle scienze sociali così come dalle scienze fisiche.
Alla fine del XIX secolo il filosofo tedesco Wilhelm Dilthey chiamò le discipline umanistiche “scienze spirituali” e “scienze umane”, e le descrisse, semplicemente, come quelle aree della conoscenza che si trovano al di fuori e al di là delle scienze fisiche. Dall’altro lato, Heinrich Rickert, un neo-kantiano, sostenne che non è in questione il fattore soggettivo, ma il metodo di indagine che meglio caratterizza le scienze umane; Rickert afferma che, mentre le scienze fisiche hanno lo scopo di passare da casi particolari a leggi generali, le scienze umane sono “idiografiche”, sono devote cioè al valore unico del particolare all’interno del suo contesto culturale e umano e non cercano leggi generali.