Paradiso terrestre. Matelda
Per tutto il viaggio dalla spiaggia lungo le ripide pareti il poeta ha sempre sottolineato il suo desiderio di pervenire sulla cima del monte, al paradiso terrestre. Questo si presenta come una foresta spessa e viva, popolata di uccelli, ricca di alberi di ogni genere, taluni di specie sconosciuta, attraversata da due fiumicelli. Così il viaggio, per la parte che si svolge entro il panorama terrestre (abisso e monte), si contiene simbolicamente tra due selve di caratteri antitetici: l’una, del peccato, annodata e intrecciata paurosamente, popolata di bestie selvagge, simbolo della caduta dell’uomo; l’altra chiara, serena, soave. Per costruire la sua selva Dante si è certamente servito dei suggerimenti della Bibbia e soprattutto di quelli che gli giunsero da Ovidio e da Virgilio: ma ha anehe utilizzato l’esperienza letteraria dei poeti provenzali e di quelli stilnovistici. Il paradiso terrestre dantesco è anche uno stato d’animo, o meglio una condizione psicologico-morale tradotta in un paesaggio. I suoi caratteri dominanti sono quelli che emergono dal ritrovamento della limpidezza di sguardo che accompagna le speranze di bellezza e di assoluto degli adolescenti: la selva ha i caratteri della realtà ma anche i toni della magia, di una realtà sognante, di una serenità piena data dalla riconquista dell’innocenza primitiva. In questo paradiso tutto è sotto il segno della felicità calma e serena: la luce è temperata, il suolo è profumato, l’aria è dolce, le fronde conservano anche sotto il moto della brezza i loro contorni intatti, gli uccelli cantano e nidificano in pace. Entro questa cornice, quasi a individuarne e rilevarne meglio i caratteri si colloca una figura femminile cui Dante dà il nome di Matelda, simbolo della vita contemplativa o della giustizia. Però per la sua levità, per la sua grazia è piuttosto il simbolo della felicità di cui godettero per poco Adamo ed Eva. « Poeticamente è una stilizzata immagine di felicità e di pienezza amorosa, cresciuta sulla scia di delicate immagini libresche, e a sua volta stimolo di molteplici invenzioni poetiche dal Boccaccio e dal Petrarca fino al Poliziano, al Sannazzaro, all’Ariosto » (Sapegno). La seconda parte del canto è una precisazione, di natura teologica, sulla presenza del vento nel paradiso terrestre: l’acqua nasce da una sorgente voluta e perpetuamente alimentata da Dio, il vento è dovuto al moto di circolazione delle sfere celesti che investono anche la selva. Così anche i fenomeni naturali rientrano nell’ordine universale stabilito e garantito dal Creatore, nella stessa misura in cui sono il frutto della divina volontà creatrice il paradiso terrestre, Matelda, il viaggio del poeta. Questa insistenza sul tema dell’ordine in questi ultimi canti della seconda cantica prepara il tema dell’ordine universale su cui si orchestrerà tanta parte della terza cantica, quell’ordine che presiede al moto delle stelle e alla gerarchia delle creature, ed interviene come disegno provvidenziale nelle vicende storiche delle istituzioni umane: ordine tanto più rilevabile come punto di partenza e di approdo, quanto più si volge lo sguardo alle conseguenze del disordine, della disobbedienza alle norme volute dalla divinità: unico in grado di garantire la conquista di quella felicità di cui è segno importante il paradiso terrestre.