Dante trascorre, tra la selva e il pendio del colle, una notte ed un giorno in un’oscillazione drammatica di speranza e disperazione fino all’intervento di Virgilio. Quando i due si avviano per l’eccezionale viaggio, è il tramonto. Sulla terra tutti riposano: solo Dante si appresta ad un’impresa che richiede vigilanza e che, dopo il momento dell’accettazione entusiastica, gli si rivela durissima, forse impossibile. Comincia l’inquietudine: si affacciano al suo animo perplesso dubbi ed incertezze. Un viaggio nei regni oltremondani non era teoricamente impossibile: lo avevano in precedenza compiuto Enea e San Paolo. Ma Enea era sostenuto dalla volontà divina che gli affidò il compito della conquista dell’Italia, condizione necessaria per la creazione dell’impero romano, a sua volta indispensabile premessa all’impero cristiano.
Nel viaggio di Enea c’era quindi una direttiva provvidenziale che collocava in una linea di continuità Enea, Roma, l’impero, il papato. Vivo si era recato nell’aldilà anche san Paolo, per trarne conforto alla fede cristiana, così bisognosa alle origini di conferma e di coraggio. Ma se il viaggio di Enea servì alla vita dell’impero, e quello di san Paolo alla Chiesa, a quale compito deve obbedire il viaggio di Dante?
E per quale titolo Dante può essere accostato ad Enea e a Paolo? Non è presunzione la sua? C’è nella perplessità di Dante una nota di sincerità, ma c’è anche un pizzico di viltà: lo rileva subito Virgilio che invita il discepolo a non arretrare in presenza di un’impresa certo difficile ma indispensabile ed esaltante. Sappia inoltre che lui, Virgilio, è stato sollecitato al viaggio da una donna « beata e bella », da Beatrice, che, scesa dal paradiso, lo ha pregato di recare aiuto àl suo fedele che ormai si avvia verso la totale perdizione. Per salvarlo dalla selva, dalla perdita del destino religioso, non c’è altra strada. Sappia inoltre che ad assisterlo e a fargli superare le difficoltà del viaggio non c’è solo Beatrice ma anche santa Lucia e la Vergine Maria. Ben tre donne benedette presiedono al viaggio e garantiscono salvezza. Il viaggio, dunque, si pone nella cornice di un disegno provvidenziale, come i viaggi di Enea e di san Paolo: il viaggio di Dante è destinato a ridare all’umanità le grandi virtù, a ricondurre il papa e l’imperatore ai loro compiti, a riedificare una società non fondata sulla cupidigia. Rinfrancato dalla certezza di un’assistenza divina, Dante si dice pronto al viaggio. I due affrontano ora una strada difficile e selvaggia.
Se il primo canto è il canto di Virgilio, simbolo della ragione che guida al bene, alla società razionalmente ordinata, il secondo è il canto di Beatrice. Ritorna, dopo gli anni del traviamento del poeta, la donna cantata nella Vita Nuova, la “gentilissima“, rivestita di luce, di umiltà e di candore. Beatrice era stata per Dante giovane il segno del desiderio di assoluto che accompagnò la sua ricerca di valori, totali e perfetti: si presenta ora come .un ideale smarrito, che può e deve essere riconquistato se si vuole uscire dal disordine e risalire fino a Dio, della cui bellezza quella di Beatrice in terra era un’anticipazione. Perciò Beatrice ancora fa da tramite tra Dio e l’aspirazione del poeta ai valori assoluti: e poiché a Dio si giunge attraverso la Rivelazione, Beatrice è il simbolo della verità rivelata, senza la quale la scienza razionale, quella di Virgilio, fallisce. Non esiste perciò discontinuità tra l’esperienza giovanile narrata nella Vita Nuova e questa che porterà Dante alla presenza di Dio: egli intende riconsegnare agli uomini la verità divina ritrovata, perché non cadano negli errori in cui è caduto lui dopo che si oscurò in lui il senso delle cose alte e vere cui l’aveva avviato, con il suo sorriso e con la luce dei suoi occhi, la donna che ora ritrova alla base della sua volontà di ristabilire i rapporti di obbedienza e. di fedeltà alla divinità.