Agli uomini, cultori di dati e alfabetizzati del nostro tempo, riesce difficile riconoscere l’importanza della natura orale della lingua. Eppure esistono al mondo centinaia di milioni di analfabeti che parlano correttamente la loro madrelingua senza averne mai appreso la scrittura. Ci sono dei fatti anche più rivelatori da considerare: tra le due guerre la Turchia ha sostituito per esempio la grafia araba con quella latina senza che questa ne riuscisse alterata; per altre lingue è in discussione in questi anni il passaggio da un alfabeto a un altro, oppure, come nel caso della Cina, dalla scrittura logografica al sistema alfabetico latino. Un accenno merita infine il serbocroato che la stessa lingua orale fu trascritta in caratteri cirillici dagli ortodossi serbi e in caratteri latini dai cattolici croati.
Nonostante il fatto che noi siamo figli di una cultura alfabetico-grafica, dobbiamo riconoscere che la scrittura è sempre una trascrizione più o meno fedele della lingua parlata, il che porta a concludere che una lingua orale può benissimo esistere senza la scrittura mentre il contrario e fuori della norma.
Agli inizi della storia di una lingua può esserci corrispondenza tra suoni e lettere dell’alfabeto, ma poi tendono ad allontanarsi: la lingua scritta, che è legata alle formule ufficiali delle cancellerie, delle corti, delle chiese, della letteratura, l’olografia, tende sempre più a diventare conservatrice, formale prescrittiva, mentre la lingua orale, parlata spontaneamente nella pluralità delle situazioni si iniziali, risulta più immediata, vivace innovativa. Con il tempo lingua scritta e lingua orale si differenziano al punto da risultare spesso due codici sostanzialmente diversi.
Rinunciando a considerare le diversità esistente tra la comunicazione scritta (esempio per mezzo d’una lettera) e la comunicazione orale (esempio mediante una conversazione faccia a faccia) lasciando il fatto non secondario, lo scritto coinvolge canale visivo mentre parlato coinvolge anche il canale uditivo, potremmo fare una verifica dell’esistenza dell’autonomia dei due codici diversi servendoci una lingua come l’inglese e mettendo in rilievo le differenze che seguono:
- i valori prosodici (intonazione, ritmo, 100), che sono fondamentali nella lingua orale, vengono presi solo approssimativamente nello scritto dalla punteggiatura;
- La segmentazione fonica dell’orale si dispone sull’asse temporale, mentre la segmentazione dello scritto e di natura spaziale comunque le due non coincidono;
- Le marche distintive dell’orale, ad esempio genetico spazzole, il plurale eccetera, sono assai meno numerose che nello scritto;
- Le short forms degli ausiliari, delle negative dell’inglese parlato sono vistosamente diverse dalle forme piene e accademiche dell’inglese scritto;
- la strutturazione paratattica e discontinua della frase orale è assai diversa della strutturazione lineare rifinita della frase scritta;
- Le opzioni lessicali stilistiche dell’orale risultano assai meno spontanee controllate rispetto le opzioni lo scritto.
Pur nella sua spazialità, l’elencazione da noi fatta basta a confermare che esiste una grammatica dell’orale apprezzabilmente diversa dalla grammatica dello scritto, con il corollario didattico che bisognerà prevedere un insegnamento della lingua orale distinto dall’insegnamento della lingua scritta, e anche cronologicamente anteriore a quest’ultimo lo scopo di neutralizzare le interferenze negative prodotte dalla scrittura ai danni della pronuncia.