Una volta non ci si ponevano problemi riguardo all’insegnamento delle lingue ma oggi possiamo dire che non basta conoscere l’oggetto dell’insegnamento (ad esempio il greco o latino), occorre conoscere anche le strutture e le dinamiche psicologiche, ossia cognitive, affettive e sociali di uno studente. Un altro problema riguarda il tipo di programma adottare, ossia quale francese? quale inglese?
Nel Settecento si insegnava con il metodo formalista della grammatica-traduzione che forniva più una nozione teorica che non pratica per parlare. Negli ultimi decenni invece si sono scoperti dati nuovi come:
• l’apprendimento deduttivo (a scapito di quello in induttivo);
• apprendimento cognitivo (a scapito di quello meccanicistico);
• contenuti linguistici (competenze, abilità);
• materiali autentici (materie programmate);
• dimensione linguistica (dimensione semiotica del comunicare);
• lingue classiche (->lingue moderne);
• lingua materna (->lingue straniere).
Cos’è la glottodidattica e a cosa serve
Nasce così la glottodidattica definita didattica teoria, distinta dalla didattica d’azione, ossia insegnamento delle lingue le quali si pongono in rapporto di circolarità e collaborano insieme per l’insegnamento.
La glottodidattica è la disciplina che ha per oggetto insegnamento apprendimento delle lingue.
Problemi della glottodidattica
Chi? I protagonisti del rapporto glottodidattico
Ci sono due figure:
• chi apprende la lingua (apprendente)
• chi insegna la lingua (insegnante).
L’ apprendente è il neonato che impara giorno dopo giorno la lingua materna, il ragazzo che studia la lingua a scuola, l’adulto che vuole imparare altre lingue accanto a quella materna.
L’insegnante è la maestra che insegna la lingua al bambino, il professore di lingue a scuola e la madrelingua che fa fare pratica l’adulto.
Il processo di apprendimento
Questo schema è basato sulla centralità dell’apprendente e ai suoi meccanismi psichici, fatti androgeni difficili da studiare. Il processo di apprendimento avviene secondo modalità sconosciute. Nella scatola nera, che è la mente, si attivano infatti nei processi di cui avvertiamo la presenza ma di cui ci sfugge la natura. Dagli inizi del 900 si è avuto uno spostamento di enfasi dal “che cosa insegnare” (materia, programma) al “chi insegnare” (lo studente). L’insegnamento infatti deve essere “psicologizzato”, deve essere cioè a misura dell’apprendente.
Che cosa? L’oggetto: la lingua
1. Lingua materna (L1): il bambino che impara nel contesto familiare in modo naturale e spontaneo.
2. Lingua nazionale (LN): che può essere diversa dalla materna ed è lo strumento di comunicazione di tutta la nazione (ad esempio tirolesi, valdostani, albanesi, sloveni).
3. Lingua straniera (LS) è diversa dalla materna e viene studiata e appresa in maniera consapevole e con applicazione a scuola.
4. Lingua seconda (L2): diversa dalla materna che viene appresa anche frequentando corsi ma l’Inter e l’ambiente in cui essa è strumento di interazione quotidiane vita immigrati che imparano l’italiano in Italia). Elevata funzionalità comunicativa e costante feedback (a differenza di quando si impara la lingua straniera scuola).
5. Lingua etnica (Le): la lingua delle minoranze linguistiche appresa nel paese che la ingloba. Finalità primaria e la conservazione dell’identità del gruppo minoritario.
6. Lingue classiche (LC): latino e greco che hanno avuto una grande storia ma sono lingue “morte”. Il loro insegnamento a due caratteristiche: è di tipo grammaticali stico ed è connotato da prescrittivisi (modello di Cicerone), si accosta ai testi dell’antichità.
Quando? Livelli di età
Non ci sono limiti per imparare le lingue. Il bambino può essere utilmente esposto ad una L2 fin dalla più tenera età: succede nelle famiglie miste con genitori di lingua diversa dove si creano le condizioni migliori per il bilinguismo. Eccetto queste situazioni privilegiate, l’età d’oro dell’apprendimento di una lingua seconda (L2) o straniera (LS) va dai 4 anni alla pubertà, e cioè fino a quel momento in cui l’intelligenza del fanciullo passa dallo stadio delle operazioni concrete allo stadio delle operazioni formali e logico-deduttive. In questo periodo il cervello è nella sua fase di massima plasticità, che è poi la capacità dell’emisfero cerebrale destro di assumere le funzioni dell’emisfero sinistro. È noto che l’emisfero destro ha un ruolo privilegiato di decifrare e produrre situazioni comunicative, nell’interare il linguaggio verbale con i linguaggi non verbali. L’emisfero sinistro presiede il montaggio-smontaggio delle unità linguistiche in entrata e in uscita (fonemi, morfemi, parole, sintagmi, frasi, ecc.). Quest’operazione fra i due emisferi (vivace dai 4 agli 11 anni), produce i suoi risultati: il bambino mostra una sorprendente facilità nell’assumere in una pronuncia naturale. Dopo gli undici anni l’apprendimento di una lingua resta sempre possibile ma ciò avviene secondo modalità diverse. I processi psichici coinvolti sono coscienti e controllati e numerose le interferenze prodotte dalla lingua madre.
Come? Metodologie tecniche di insegnamento e il come varia dal bambino all’adulto.
Bisogna scegliere il metodo di insegnamento in base a tre fattori:
l’atto didattico: l’insegnamento è una sequenza di atti didattici che coinvolgono apprendente e insegnante. I protagonisti dell’atto sono tre, il terzo è un messaggio che si materializza sotto forma di campioni di lingua forniti dall’audiocassetta sotto forma di situazioni comunicative (video registrazione, esercizi, eccetera) un fascio di linguaggi, messaggi e informazioni che collegano insegnante e apprendente.
Due metodo e a frocio: da qualche decennio la rotondità ha abbandonato il termine metodo per sostituirlo con approccio. Infatti, il metodo rimanda alla l’lucida costruzione geometrica e scientificamente prospettata, mentre approccio si limita a segnalare la caratteristica primaria dell’imposta azione di dati dell’impostazione didattica: approccio comunicativo, nazionale funzionale, situazionale eccetera.
Tre programmi curricolo: i due riferimenti principali per l’impostazione dell’insegnamento apprendimento. Il programma prescrittivo fissa grandi linee i fini, i contenuti dei mezzi, il curricolo presenta le caratteristiche di un vero proprio piano di lavoro proiettato su un intero ciclo scolastico. Definisce le mete obiettivi in rapporto al contesto sociale.