La Scapigliatura è un movimento artistico e letterario che nasce a Milano a partire dagli anni sessanta dell’Ottocento (siamo quindi nel travagliato periodo che segue l’unità d’Italia). Il termine Scapigliatura è la libera traduzione della parola francese ‘bohème’, che si riferiva alla vita disordinata e anticonformista degli artisti parigini descritta nel romanzo di Henri Murger Scènes de la vie de bohème uscito una decina d’anni prima. Il termine Scapigliatura viene usato per la prima volta dal giornalista e scrittore Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Righetti) nel suo romanzo intitolato La Scapigliatura e il 6 febbraio pubblicato nel 1862. Cito testualmente dal romanzo di Arrighi: «In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità di individui d’ambo i sessi […] fra i venti e i trentacinque anni non più; pieni d’ingegno quasi sempre, più avanzati del loro secolo; indipendenti come l’aquila delle Alpi, pronti al bene quanto al male, inquieti, travagliati, turbolenti, i quali […] meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione della grande famiglia civile, come coloro che vi formano una casta sui generis distinta da tutte quante le altre. Questa casta o classe […] vero pandemonio del secolo, personificazione della storditaggine e della follia, serbatoio del disordine, dello spirito d’indipendenza e di opposizione agli ordini stabiliti, questa classe, ripeto, che a Milano ha più che altrove una ragione e una scusa di esistere, io, con una bella e pretta parola italiana, l’ho battezzata appunto: la “Scapigliatura Milanese”»
La Scapigliatura non è una scuola o un movimento organizzato, che ha quindi una poetica comune precisamente codificata in manifesti e scritti teorici. Si tratta piuttosto di un movimento nato spontaneamente dallo spirito di ribellione di un gruppo di giovani artisti contro la società borghese del tempo, che per via del processo di modernizzazione post-unitario in corso, stava marginalizzando gli intellettuali italiani, soprattutto quelli di stampo umanista. Gli scapigliati si scagliano contro il moderatismo della cultura ufficiale italiana e contro l’apparente buonsenso della borghesia, i cui costumi e le cui norme morali disprezzano profondamente. Attaccano sia il Romanticismo italiano, che giudicano fiacco, sdolcinato ed esteriore, sia il provincialismo della cultura risorgimentale. Di fronte al tema della modernità, rappresentato dal progresso economico, scientifico e tecnico, negli scapigliati si forma un inconciliabile dualismo: da un lato ne provano repulsione e orrore, come è proprio dell’artista che si aggrappa a quei valori del passato (i.e. la Bellezza, l’Arte, la Natura) che il progresso sta distruggendo; dall’altro lato però, considerano oramai perduti quegli ideali, e di conseguenza, in preda alla disillusione e al disincanto, si rassegnano a rappresentare il ‘vero’, ossia la cruda realtà così come si svolge davanti ai loro occhi, realtà che descrivono in modo oggettivo e anatomico, nei suoi aspetti più crudi e patologici.
La rappresentazione realistica sconfina spesso nella deformazione del ‘fantastico’, con toni allucinati e misteriosi sul modello di Hoffman e di Edgar Allan Poe. Di qui il fascino che il tema della malattia esercita sulla loro poetica, malattia che spesso si materializza tragicamente nelle loro vite disordinate ed estreme, vite che al pari di quelle dei bohémiens francesi, sono per lo più brevi. Gli artisti appartenenti alla scapigliatura, ripudiati dal mondo borghese, vivono infatti alla giornata, consumati dall’alcool, dalle droghe, e dalla malattia, cercando di mantenersi solo grazie alla loro arte.
La Scapigliatura ha il merito di essere stata una sorta di crocevia intellettuale, attraverso cui sono filtrate correnti di pensiero, forme di letteratura straniera e temi letterari che hanno contribuito a rinnovare e a togliere l’alone di provincialismo che caratterizzava il clima culturale italiano di quel tempo. Inoltre, con il loro culto del vero, con l’attenzione per ciò che è patologico e deforme, e con il loro impietoso proposito di analizzarlo come anatomisti, gli scapigliati introducono in Italia il gusto del nascente Naturalismo. Importanti esponenti della Scapigliatura sono: in letteratura, Cletto Arrighi, Emilio Praga, Arrigo e Camillo Boito, Vittorio Imbriani, Iginio Ugo Tarchetti e Carlo Dossi (quest’ultimo tra le personalità più sperimentali e bizzarre del movimento). Nel campo delle arti figurative, ricordiamo lo scultore Giuseppe Grandi e i pittori Tranquillo Cremona, Mosè Bianchi e Daniele Ranzoni. In campo musicale, muove i suoi primi passi all’interno del mondo della Scapigliatura Giacomo Puccini, il cui libretto d’opera della Bohème è tratto appunto dal romanzo di Henri Murger che abbiamo citato in apertura. Chiudiamo con alcuni versi della poesia di Emilio Praga, intitolata Preludio, che secondo me racconta benissimo cos’era la Scapigliatura. Vi consiglio andare a leggervela tutta perché è molto bella.