La visione ottimistica di San Francesco d’Assisi
Francesco nasce ad Assisi nel 1181. Figlio di un ricco mercante, conduce una vita agiata e mondana, partecipando anche ad imprese militari, fino alla pro. fonda crisi spirituale del 1206 che Io induce a rinunciare pubblicamente ai beni paterni (e più in generate a quelli terreni) dinanzi al vescovo d’Assisi. Dopo un periodo di eremitaggio, Francesco si dedica alta cura dei lebbrosi e quindi, insieme ai seguaci che si sono raccolti e vivono con lui in povertà secondo l’insegnamento di Cristo nella “fraternità di penitenti di Assisi” (in seguito “frati minori”), comincia a predicare il Vangelo nelle campagne umbra.
Nel 1210 papa Innocenzo III approva oralmente la Prima regola francescana; nel 1212 vengono istituite le suore Clarisse, volute da Chiara, sorella spirituale di Francesco, e l’ordine laico dei terziari”. La rapida e clamorosa espansione del movimento francescano anche Oltralpe causa contrasti tra i confratelli, che si dividono nelle fazioni degli Spirituali (strenuamente legati allo spirito e alla lettera della Regola) e del Conventuali (i quali, date le nuove dimensioni e gli accresciuti compiti dell’ordine, vogliono limitare il voto di povertà). Nel tentativo di ricomporre i dissidi interni Francesco stila una Seconda regola, che viene approvata in forma scritta nel 1223 da papa Onorio III.
Dalle sedi del movimento dei francescani (Rivotorto prima e Porziuncola in seguito) partono nel frattempo numerose missioni di evangelizzazione verso i paesi europei, l’Africa e l’Oriente. Vi partecipa spesso anche Francesco, che nel 1219 si reca in Siria e in Terrasanta.
Le sue condizioni di salute peggiorano con li passare degli anni: quasi completamente cieco, nel 1224, anno in cui forse compone il Cantico di Frate Sole, dopo un romitaggio sul monte della Verna riceve le stimmate. Francesco muore nel convento della Porziuncola il 3 ottobre 1226. Due anni più tardi, papa Gregorio IX Io proclama santo.
Noto anche come Cantico delle creature o Lauda delle creature (Laudes creaturarum é Il titolo del più antico codice, della metà del XIII secolo, che conserva la composizione), il Cantico, secondo un’antica tradizione, risale al 1224, frangente in cui Francesco ha ormai quasi del tutto perduto la vista. Ispirata ai Salmi (94, 148-150, Cantico dei tre fanciulli di Daniele) e modulata in canto gregoriano (Francesco compone anche la musica delle sue Laude), questa poesia-preghiera in lode al Signore conta 33 versi privi di rima e senza un metro preciso (al pari dei versetti biblici) ma ricchi di musicalità e di un ritmo che, improntato ai dettami retorici del cursus (che regola l’alternanza di sillabe toniche e atone), esalta il senso religioso delle creature cantate, significatione della presenza divina.
Percorso da un senso dì fratellanza tra le sue creature che si riconoscono in quanto create dalla stessa mano divina, il Cantico si presenta come un testo in volgare umbro caratterizzato da estrema spontaneità e semplicità, che sembra richiamarsi alla tradizione cristiana del sermo humilis. La lode di Francesco ai segni viventi del Signore inizia con un ringraziamento per “fratello Sole”, per la luna e le stelle, il cielo e il vento, “sora nostra madre terra’, l’acqua, il fuoco, nostra sorella morte corporale e si conclude con i versi: “laudate e benedicete mi’ Signore e rengratiate et serviteli cum grande humitate“.
La visione pessimistica di Iacopone da Todi
La produzione poetica di lacopone da Todi, altro compositore religioso umbro di cantici e laude del periodo basso medievale, è testimoniata da numerose Laude: 92 sono quelle a lui ascrivibill con certezza, isolate all’interno delle raccolte di laude, eseguite in ambiente francescano e tramandateci dalla tradizione manoscritta. Si tratta di testi tutti posteriori alla sua conversione; tuttavia non è possibile stabilirne l’ordine cronologico e neppure, a parte rari casi, la data di composizione. Autentica novità del laudano iacoponiano è la sua complessa religiosità, intrisa di una forte tensione mistica che si impernia nel rapimento estatico e nell’annullamento dell’individuo nell’amore di Dio. Un motivo fortemente sentito e cantato da lacopone è l’amore divino e gli effetti che l’esperienza mistica produce nell’uomo, quali il balbettio, le grida incontrollabili e l’insensibilità al mondo esteriore, tutti segni interpretabili come episodi di follia.
Temi cari a lacopone sono la vanità del mondo, la necessità della penitenza e dell’umiltà, la lode appassionata della povertà; quest’ultimo motivo è affrontato nella laude Povertat’ennamorata: l’elenco proposto di luoghi e di cose esprime il concetto che la povertà ennamorata, cioè ardente di amore per Dio, equivale al possesso di tutte le cose.
Altro tema ricorrente nel laudiario di lacopone è quello della santa pazzia, ritenuta scuola di vera sapienza e contrapposta alla ragione e alla cultura universitaria, ritenute vane e fini a se stesse. Questo motivo è presente nel componimento Senno me par e cortisia.
La lauda più nota del repertorio di lacopone è Donna de Paradiso, il testo che rievoca in forma dialogata alcuni momenti della passione di Cristo. Il componimento, conosciuto anche con il titolo Pianto della Madonna, in quanto centrale è la figura della Vergine e del suo strazio materno di fronte alla passione del Figlio, costituisce l’esempio più antico a noi noto di lauda drammatica: protagonisti sono Maria, un messaggero, Gesù, la folla e San Giovanni evangelista.
All’ardente spiritualità compositiva di lacopone viene attribuita anche la sequenza liturgica nota come Stabat mater. Si tratta di uno dei più noti testi latini del Duecento, costituito da dieci sestine in versi brevi (otto e sei sillabe), occupate in parte dalla descrizione della figura della Vergine che assiste alla crocifissione del figlio annientata dal dolore e in parte all’accorata partecipazione del poeta al tragico evento.
La teologia di lacopone è una teologia negativa: Dio è inconoscibile e ineffabile. Ma mentre in altri mistici prevale l’estasi gioiosa, in lacopone domina l’inesausta sete di divino, lo smarrimento per il silenzio di Dio, la luna autodistruttiva e la violenza senza pace. La poesia è quindi dramma e disperazione.
Notevole è l’energia espressiva che trabocca da ogni composizione di lacopone, ottenuta dal ritmo martellante, dall’insistenza di immagini e parole, dalla scelta del dialetto umbro, concreto e corposo nel lessico, dalla sintassi frantumata ed ellittica. lacopone non ignora la tecnica poetica e gli artifici retorici, le espressioni colte e le forme latineggianti accostate alle parole d’origine popolare.
La poesia semplice e appassionata di lacopone presenta una notevole modernità di temi e di stile. Le laude lacoponiche sono state stampate per la prima volta nel 1490 a Firenze, proprio nell’anno e nella città in cui Gerolamo Savonarola tenta di ribellarsi alla civiltà signorile Laica in nome della religiosità medievale.
Bibliografia
- Religiosità e società medievale. Giullari, eretici, mistici. Principato, Milano, 1979
- Scrittori religiosi del Trecento, Sansoni, Firenze, 1974.
- Storia della letteratura italiana, Anna Maria Vanalesti, Società Editrice Dante Alighieri, 1993.