Il problema del linguaggio ha sempre affascinato sin dall’antichità. I primi a ragionare sul senso astratto delle nostre espressioni verbali furono i Greci.
Chiunque ragiona sulle parole che pronunciamo arriva a chiedersi “Perché dico questa parola o quell’altra per riferirmi a quel determinato concetto?”. Il fatto è che non ci si riflette perché siamo abituati ad usare il linguaggio quotidianamente, ma se ci si riflettesse su, ci si renderebbe conto di quanto arbitrari siano i segni linguistici. Agli inizi del XX secolo, il linguista svizzero Ferdinand De Saussure, fondatore dello strutturalismo, nonché padre della linguistica moderna, definì varie dicotomie, tra cui quella di significante e significato. De Saussure definì così, nel suo Cours de linguistique générale pubblicato postumo dai suoi allievi,
il segno linguistico (cioè la parola) affermando che fosse composto da due facciate della stessa medaglia: il significante, cioè il suono e il segno grafico di quella parola, che è del tutto arbitrario, cioè non vi è nessuna correlazione con il suo significato, e il significato vero e proprio, ossia il concetto di quella parola che abbiamo nel nostro cervello quando la ascoltiamo o la leggiamo. Le due parti, per quanto distanti tra di loro, non possono fare a meno l’una dell’altra, in quanto anche se decidiamo di non parlare e non usare il significante, nella nostra mente e dentro noi stessi parliamo comunque usando il nostro linguaggio verbale acquisito. Questo è quel che si chiama il linguaggio endofasico. Non c’è modo di scindere il segno linguistico, dunque.
Questi ragionamenti senza risposta e questi pensieri interiori, avevano portato alla pazzia persino Cratilo, allievo di Eraclito, il quale si rifiutò di parlare a seguito della mancanza di risposte riguardanti il mondo e il divenire, compreso l’innaturale legame arbitrario che troviamo nel segno linguistico.
Cratilo (Greco antico: Κρατύλος, Kratylos) È stato un’antica Atene filosofo dalla fine del quinto secolo aC, per lo più conosciuta attraverso la sua rappresentazione in Platone’s dialogo Cratilo. Poco si sa del Cratilo, o il suo mentore Eraclito (Di Efeso, Asia Minore). Secondo Cratilo a 402, Eraclito ha proclamato che non si può fare un passo due volte nello stesso flusso. Secondo Aristotele (Metafisica, 4,5 1010a10-15), il suo discepolo Cratilo un ulteriore passo avanti a proclamare che non può essere fatto anche una sola volta. Tale era la sua profonda corso scetticismo.
Se il mondo era in un tale flusso costante e i flussi potevano cambiare istantaneamente, allora le parole non avevano significato. Così, Cratilo aveva trovato la comunicazione impossibile. Come risultato di questa realizzazione, egli aveva rinunciato alla potenza della parola e limitato la sua comunicazione al movimento del dito e al gesto. Era un sostenitore dell’idea che il linguaggio fosse naturale piuttosto che tradizionale. La filosofia del poco conosciuto Cratilismo è basata su insegnamenti “ricostituiti” in seguito da Platone, che parlò di Cratilo nei suoi Dialoghi illustrando il “silenzio di questa filosofia”.